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No all´indagine sul Dna all´insaputa del figlio
17-09-2013 15:54 - AGGIORNAMENTI e COMMENTI
La Corte di cassazione - Sezione I civile - ha stabilito, con sentenza del 13 settembre 2013 n. 21014, che il padre che intende disconoscere il figlio non può ricorrere a un´agenzia investigativa per prelevare campioni di Dna al fine di valutare l´opportunità dell´azione giudiziale.
"Il trattamento dei dati genetici, destinato nella specie a orientare la successiva scelta verso un´azione di disconoscimento di paternità, mediante l´accertamento preventivo della consanguineità tra [...(figlio)] e [(padre)...], oltre a non avere alcuna finalità sanitaria non è neanche astrattamente riconducibile all´esercizio in sede giudiziale di un diritto della personalità di rango quanto meno pari a quello del controinteressato [art. 26, quarto comma, lettera c) e punto 1.3. dell´Autorizzazione generale a. 2 del 2002] in quanto non può essere equiparata una valutazione di opportunità ante causa diretta a verificare le probabilità di successo in una futura azione di disconoscimento di paternità con la necessaria utilizzazione di alcuni dati come strumenti indispensabili per ottenere tutela giurisdizionale".
"Nell´azione di disconoscimento di paternità rivolta verso l´indagine sul Dna poteva essere espletata nel corso del giudizio. L´eventuale rifiuto ingiustificato dell´interessato a sottoporvisi avrebbe costituito un comportamento processuale d´indubbio rilievo probatorio, valutabile ex art. 116 cod. proc. civ.". Dunque: "Nessun deficit del diritto di difesa dell´attore poteva collegarsi alla mancata conoscenza preventiva del possibile esito del test predittivo".
Fonte: AMI
"Il trattamento dei dati genetici, destinato nella specie a orientare la successiva scelta verso un´azione di disconoscimento di paternità, mediante l´accertamento preventivo della consanguineità tra [...(figlio)] e [(padre)...], oltre a non avere alcuna finalità sanitaria non è neanche astrattamente riconducibile all´esercizio in sede giudiziale di un diritto della personalità di rango quanto meno pari a quello del controinteressato [art. 26, quarto comma, lettera c) e punto 1.3. dell´Autorizzazione generale a. 2 del 2002] in quanto non può essere equiparata una valutazione di opportunità ante causa diretta a verificare le probabilità di successo in una futura azione di disconoscimento di paternità con la necessaria utilizzazione di alcuni dati come strumenti indispensabili per ottenere tutela giurisdizionale".
"Nell´azione di disconoscimento di paternità rivolta verso l´indagine sul Dna poteva essere espletata nel corso del giudizio. L´eventuale rifiuto ingiustificato dell´interessato a sottoporvisi avrebbe costituito un comportamento processuale d´indubbio rilievo probatorio, valutabile ex art. 116 cod. proc. civ.". Dunque: "Nessun deficit del diritto di difesa dell´attore poteva collegarsi alla mancata conoscenza preventiva del possibile esito del test predittivo".
Fonte: AMI