Truffa per chi stacca assegni postdatati sapendo che non saranno mai coperti
30-07-2015 17:47 - ASSEGNI

Il ricorso dell´imprenditore - Contro la decisione ha presentato ricorso l´imprenditore evidenziando come nella sentenza di condanna, nonostante si fosse fatto riferimento in più passaggi a garanzie e rassicurazioni che l´imputato avrebbe fornito alla parte offesa circa la copertura degli assegni dati in pagamento della merce fornita, nel fascicolo di indagine non era contenuto alcun riferimento a ciò e neppure la persona offesa nella propria denuncia-querela aveva menzionato tale fatto. Il racconto della parte querelante non soddisfaceva - a detta dell´imputato - quindi i requisiti di sufficienza e completezza necessari per ritenere provato il reato atteso che la giurisprudenza ritiene che sussista un quid pluris rispetto alla mera consegna di assegni postdatati al fine di configurare gli artifici raggiri di cui all´articolo 640 del cp . L´imputato, peraltro, aveva chiarito che il fallimento della società dell´imputato era intervenuto dopo un anno e mezzo dalla consegna degli assegni al fornitore dei materiali e non vi erano elementi per ritenere che l´imputato fosse certo ab origine di non poter onorare i propri debiti.
Cassazione, 33441/2015
La decisione della Corte - La Corte ha bocciato la tesi del ricorrente richiamando anche un precedente di legittimità (n. 46890/2011) secondo cui in tema di truffa contrattuale, il pagamento di merci effettuato mediante assegni di conto corrente privi di copertura - non costituente di norma, raggiro idoneo a trarre in inganno il soggetto passivo - concorre, invece, a integrare l´elemento materiale del reato, qualora sia accompagnato da un malizioso comportamento nella vittima un ragionevole affidamento sul regolare pagamento dei titoli. Ne consegue che per integrare raggiro idoneo a trarre in inganno il soggetto passivo e a indurre alla conclusione del contratto occorre un quid pluris tale da determinare nella vittima un ragionevole affidamento sull´apparente onestà delle intenzioni del soggetto e sul pagamento degli assegni. Un qualcosa in più che nel caso concreto era evidente, ossia il comportamento dell´imputato di aver mostrato una certa notorietà e referenzialità a livello economico.
Conclusioni - Gli Ermellini hanno quindi confermato quanto stabilito dalla Corte distrettuale sulla sussistenza del fatto-reato in esame anche sotto il profilo dell´elemento psicologico dell´imputato in base alla circostanza che la società acquirente il materiale era fallita dopo non molto tempo e che lo stato di decozione della stessa non poteva essere certo essersi creato solo negli ultimi mesi con la conseguenza che l´imprenditore ne era a conoscenza al momento della stipula del contratto e lo ha taciuto ai venditori del materiale. Alla luce di queste motivazioni la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell´imputato confermando la condanna per truffa aggravata.
FONTE: ILSOLE24ORE